Nuotare appena nati: facile e sano perché naturale!

Il celebre neurologo Erik Sindenblahd afferma che “l’adulto ha imparato a nuotare, il neonato non l’ha mai dimenticato”. Niente di più vero. Nuovi studi medici, psicopedagogici, dimostrano che l’elemento acqua è fondamentale nello sviluppo psicofisico ed emozionale del neonato. Non si tratta quindi di far nuotare da subito un bambino per evitare la fatica di apprendimento quando sarà più grande: si tratta invece di fornirgli una condizione eccellente per agevolare anche il suo atteggiamento positivo alla vita e al consolidarsi della sicurezza di sè.
Madre e figlio sono stati uniti per 9 mesi da un caldo liquido. Attraverso la pratica del nuoto neonatale e dell’elemento acqua, quindi, si potenzierà e si continuerà l’idillio amoroso tra mamma e bebè, rafforzando quel legame memorabile che resterà per sempre nell’emotività del bambino divenuto adulto. L’acqua, del resto, è una carezza per la pelle e per i recettori del corpo. Scivola via e rafforza nel bambino la sensazione di unità diversa dall’acqua, quindi definisce meglio il “sé” che inizia a formarsi. Grazie all’esperienza del nuoto neonatale, si comunica al bebè che oltre il grembo materno esiste il piacere. Ma in più, poiché l’acqua avvolge il corpo nella sua interezza e lo fa in modo continuativo e contemporaneo, fornisce un messaggio chiaro e netto della sua esistenza, dell’essere al mondo. E’ difficile da credere, ma il neonato possiede una sua “saggezza” ancestrale. Viene al mondo e si ritrova violentemente in un ambiente dove tutto è luce, rumore di fondo, confusione, contatto e caos. L’acqua, in questo senso, lo aiuta ad organizzare con dolcezza questo caos e a fidarsi del fatto che esiste un “piacere” che gli viene incontro attraverso la sua pelle: in pratica ricostruisce quella sensazione di “suono” e pienezza avvolgente del liquido amniotico, che attraverso l’acqua della piscina gli dà la certezza (emotiva) che non sia perduto per sempre. Va da sé che un’emozione così sia molto rassicurante. Sicurezza che intorno ai 4 mesi lo renderà pronto per la fase successiva dell’intenzionalità: cioè dire esprimere le proprie (ridotte) emozioni vitali.
Inoltre, immerso nell’acqua, nella totale libertà di movimento e motricità, il neonato rivelerà un quadro preciso di sé agli osservatori. I quali potranno, attraverso i suoi movimenti, diagnosticare eventuali anomalie altrimenti prematuramente visibili nella dimensione aria. Nelle prime fasi, i neonati sono accompagnati in acqua da uno o da tutti e due i genitori. E non è necessario che i genitori siano esperti nuotatori perché le attività natatorie sono praticata in acqua bassa. La domanda più frequente dei genitori è: come fa a capire che non deve bere e come fa a non annegare? La magia sta proprio in questo. Nessun neonato dimentica il fatto che fino a poco tempo prima ha vissuto una condizione di apnea totale. Quindi, un neonato in modo spontaneo e naturale compie gesti e movimenti che lo tengono perfettamente a galla, e soprattutto non beve. Come afferma l’Università dell’acqua, il nuoto neonatale permette al bebè di:
- ottenere uno stimolo alle sue emozioni e percezioni
- scoprire nuovi schemi di postura
- acquisire un maggior controllo della respirazione
- rafforzare il rapporto con i genitori attraverso la comune esperienza
- creare tra lui e l’acqua una relazione tale per cui questa poi diventi una sorgente di stimoli per il suo sviluppo psico-fisico
- aumentare la fiducia in se stesso e la capacità di apprendimento
- favorire l’indipendenza in preparazione ad un futuro corso di nuoto
- rassicurare il rapporto con l’ambiente esterno